L’impressione a leggere giornali e blog è che ormai Facebook sia il 50% di quello che succede in rete.
O forse molto di più, dato che su Pandemia si pensa alla possibilità di aprire una rubrica quotidiana dedicata al social network del momento (giusto per essere sempre “sul pezzo”).
Ed effettivamente i numeri di Facebook sono impressionanti tanto che Dario ipotizza di trovarci dentro anche i marziani (una volta esauriti gli abitanti del nostro pianeta).
Ed allora ecco che si sprecano le analisi sul fenomeno, le inchieste su chi lo usa e perchè.
Se Matteo Villani in fondo ne difende l’innocenza, c’è chi, come Venturini, si lancia in un’analisi sociologica e psicologica articolata ed approfondita.
Ma c’è anche chi non nasconde il proprio odio come Lidermax che analizza alcune situazioni negative o addirittura Burger King che sfrutta il fenomeno promettendo un panino gratis a chi dimostra di aver cancellato dieci amici dal proprio profilo.
E poi ci sono i telegiornali che, pur di non fare la parte di chi non capisce i giovani e le loro tecnologie, cercano di entrare a forza in un mondo che non capiscono ancora (e su questo torneremo per un discorso che ho in sospeso) ed allora scoprono che i genitori si iscrivono a Facebook per controllare i figli, cercando di far passare il gossip come notizia.
E se c’è tutta quest’attenzione e questa diffusione allora forse è il caso di seguire il consiglio, ancora di Venturini, ed acquistare l’utilissima chiavetta per scambiarci gli account al volo incontrandoci per strada.
Ma a questo punto è forse il caso di fare una riflessione sulla gestione del social network più figo di tutti.
Avrete ormai sentito tutti parlare dei casi che hanno suscitato polemiche. La non chiusura dei gruppi dedicati ai mafiosi (sul quale segnalo il dovuto commento di Mantellini) e la corrispondente (per tempi) censura sulle foto di mamme che allattano.
A questi due casi c’è da aggiungerne un terzo che riguarda la rimozione di foto provenienti da Gaza in cui si vedevano soldati minacciare bambini. Le foto erano state pubblicate nell’account di un gruppo e sono state sostituite dalla frase “Questo messaggio conteneva contenuti di Facebook che sono stati rimossi o resi invisibili in base alle impostazioni sulla privacy.” Avrei voluto almeno linkare il gruppo… ma nel frattempo è stato rimosso anche quello.
Altri gruppi simili cercano comunque di far vedere cosa sta succedendo nei territori occupati.
Viene da chiedersi chi ed in che modo prenda queste decisioni all’interno di Facebook.
Estraggono a sorte cosa tenere e cosa cancellare?
Oppure (molto peggio) c’è un’analisi attenta di quello che succede e queste decisioni sono state ponderate e decise a tavolino?
Quale che sia il metodo c’è qualcosa che non funziona ed il discorso sarebbe da approfondire.
I gruppi dedicati ai mafiosi ritengo siano per lo più azioni da gradassi (ma attenzione a non perdere di vista il fenomeno) e forse è peggio la pubblicità che ne è stata fatta che non l’evento in se (ma cancellarli non farà certo male).
La censura sulle foto di Gaza è inspiegabile ed inquietante.
La cancellazione delle foto dei seni in allattamento è invece un fatto più grave di quello che sembra. Non solo per la questione-censura, ma soprattutto per le ripercussioni che la scelta può avere su un argomento tanto delicato.
Ed io, per ripicca, ma anche per cercare di rimediare all’errore del network, ripropongo il video di Marta dedicato all’allattamento al seno, sperando di chiarire perchè ritengo grave il gesto di Facebook.
vi ricordate le fiabe…c´era mangiafuoco e il burattinaio nel paese dei balocchi..cosa facevano vi ricordate….