Un titolo del genere non fa presagire nulla di buono.
Uno si aspetta un drammone sentimentale con lui e lei che litigano, grossi pianti, tradimenti e amore che torna a sbocciare nel finale.
Invece Il vento del perdono (ma il titolo originale è An unfinished life) è tutt’altro, sia dal punto di vista del soggetto che della qualità del film.
Lei fugge con la figlia dal fidanzato violento e va a rifugiarsi dall’ex suocero, un Robert Redford burbero e solitario che vive in un paesino isolato.
Lei (Jennifer Lopez) non è ben accolta perchè ritenuta responsabile della morte dell’ex marito dal vecchio, che tra l’altro nemmeno sa dell’esistenza di una nipote.
Con Redford vive anche Morgan Freeman, reso invalido dall’attacco di un orso e amorevolmente accudito dal finto burbero Redford.
Il rapporto tra nuora e suocero non migliora, mentre diventa ottimo quello tra nonna e nipote.
Un sacco di cose succederanno per rendere avvincente la vicenda.
Va bene… il mio riassunto fa schifo, ma serve giusto a dare un idea.
Quello che conta è la straordinaria interpretazione del duo Redford-Freeman, che fanno pesare l’età in maniera eccellente e regalano due ruoli misurati e pacati, straordinariamente efficaci. Burbero e duramente provato dalla vita il primo, più sereno, (forse) più rassegnato il secondo, sebbene anche a lui la vita non abbia riservato grosse soddisfazioni.
E nemmeno Jennifer Lopez sfigura in un ruolo che riesce a fare suo in maniera sufficiente, forse perchè (per una volta) non è incentrato sul suo culo ma sull’interpretazione.
Intendiamoci… non è indimenticabile ma rende bene il ruolo, forse meglio che in qualunque altra pellicola.
E poi c’è la regia di Lasse Hallstrom, come sempre capace di sfruttare alla grande gli ambienti, trasformandoli in veri e propri personaggi in grado di parlare e interagire. Le distese montane del Wyoming non fanno solo da sfondo alla vicenda, ne entrano a far parte in maniera prepotente con i loro spazi, i loro silenzi, la loro pacatezza, i loro colori rassicuranti, ma anche con i segreti che può custodire un paese montano con pochi abitanti in cui tutti si conoscono.
Forse avrebbe meritato la visione su grande schermo.
l’ho rivisto per la seconda volta.
concordo appieno con la tua recensione.