L’ispettore Coliandro, nella terza serie, si snoda in solo quattro puntate. Dopo aver visto la prima ho pensato che… insomma ho visto anche la seconda: Il sospetto.
Il sito della Rai continua ad aspettare aggiornamenti (!) però se volete qualche notizia in più c’è chi ha organizzato una cosina non ufficiale ma molto ben fatta.
Il sospetto in questione è l’agente Gargiulo che si presenta nottetempo a casa di Coliandro completamente ubriaco e coperto di sangue che nemmeno nel più truculento degli splatter (del resto i Manetti non resistono a qualche spruzzatina di horror). Gargiulo arriva dritto dritto, cortello in mano, dalla casa di una ragazza slovena appena conosciuta e che naturalmente è stata brutalmente trucidata.
Le indagini faranno di Coliandro un inevitabile complice e porteranno a scoprire un giro di piccoli mafiosi legati ad un produttore discografico.
Anche in questa puntata le guest star si sprecano. Ma se Nino Frassica si cala bene nel ruolo del produttore senza scrupoli (ma anche senza coraggio), Francesco Facchinetti è improponibile come killer a pagamento e sono inutili gli sforzi di cucirgli addosso un ruolo folle ed esagerato oltre ogni limite con l’evidente scopo di mascherare gravi carenze recitative: il risultato è disturbante, ma in maniera negativa.
La figura femminile della seconda puntata è la molto mediterranea Raffaella Rea, che interpreta la cugina pugliese di Gargiulo, accompagna Coliandro nelle indagini e ci finisce inevitabilmente a letto. Si trova a suo agio nel ruolo e sprizza sensualità da ogni brandello di pelle che lascia vedere.
Le scelte registiche dei Manetti Bros che mi avevano entusiasmato nella prima puntata rimangono qui un po’ più in disparte, però non mancano soluzioni interessanti ed è evidente la cura registica (cosa che finalmente si inizia a vedere anche per i prodotti televisivi) che i due ci mettono.
La vicenda, ancora una volta, non ha niente di memorabile ma l’insieme rende godibile il tutto.
Discorso a parte per il linguaggio dei personaggi. Le serie precedenti ci hanno abituato ad un linguaggio decisamente spinto e questa terza esperienza mantiene la stessa linea. Può risultare disturbante per lo spettatore medio (lo stesso che non si scandalizza per tette e culi nella fascia preserale) ma probabilmente è più reale di quanto potrebbe sembrare visto in tv. Nel parlato di tutti i giorni sfido chiunque a dire che usiamo normalmente toni più pacati.
mi piacerebbe sapere se qualcuno conosce il gruppo che suona la pizzica o se conosce il titolo della canzone
A leggere qui direi che si chiamano Misero spettacolo e sono bolognesi…