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Vado a raccontarvi di un film sapendo già che ha portato a casa un doppio premio dal Torino Film Festival 27.
Medalia de onoare ha convinto gli spettatori del pubblico (Premio del pubblico Achille Valdata) e gli studenti della Suola Holden (Premio Invito alla Scuola Holden) che lo hanno considerato la miglior sceneggiatura del Festival ed hanno così invitato il regista Calin Netzer a tenere un workshop.
E Medalia de Onoare è effettivamente un bel film, un ritratto intenso di un anziano rumeno incapace di liberarsi dai fantasmi della sua vita.
Ion vive una vita spenta, ha perso la fiducia in se stesso ed anche chi lo circonda sembra dargli poco credito. La moglie non gli parla da tempo, accusandolo di comportamento scorretto nei confronti del figlio. Questo a sua volta si è trasferito in Canada e quando chiama casa non si fa neppure passare il padre.
Capita poi che Ion si veda assegnare una medaglia d’onore per meriti ottenuti durante la Seconda Guerra Mondiale, 50 anni prima.
L’evento lo sconvolge, anche perchè non riesce a capire i motivi dell’assegnazione. Così si scatena con lettere e continui viaggi al ministero per capire. Alla fine si convince di aver meritato la medaglia per un’azione militare in realtà di poco conto.
Rimane il fatto che il riconoscimento gli cambia la vita. L’incontro col presidente rumeno gli da ulteriore carica e Ion riacquista il rispetto dei vicini e a fatica anche quello di moglie e figlio.
La storia non finisce qui ma il finale, per quanto facilmente intuibile, non voglio rovinarvelo.
Medalia de onoare è una interessante riflessione sul tentativo di rivalsa di un vecchio che ha subito la guerra prima ed il comunismo poi. Ha creduto alla prima, poi probabilmente anche al secondo, ed è sempre uscito sconfitto.
Anche la sua riscossa passa per meriti che i più lungimiranti di coloro che lo circondano ripudiano ritenendoli legate ad un evento funesto.
Ion non riesce più a rendersi conto della differenza tra buono e cattivo, non riconosce le sue colpe e si sente esclusiavamente una vittima.
Ancora più evidente la sperequazione nel finale, quando ritiene un diritto acquisito quella medaglia che non meritava.
Il film è ben narrato (comprensibile il premio Holden) e rende al meglio la sconfitta finale di Ion, che esce con le ossa rotte anche da quella che poteva essere la sua ultima occasione di riscatto.
Rende bene l’idea l’ultima lunghissima inquadratura del film. Una camera fissa che inquadra la tavolata di amici seduta per festeggiare Ion, il taglio è però molto stretto e comprende solo il figlio di Ion (che sembra averlo forse infine perdonato) e lo stesso Ion con lo sguardo colpevole (adesso si) di chi sa che i conti non tornano.
Solita nota tecnica: molto simpatici i titoli di apertura… come se fossero battuti a macchina.