Al di qua del Paradiso

Ricordate i ruggenti anni ’20?
Sapete di che si tratta?
Al di qua del Paradiso è un ottimo modo per comprenderlo, per entrare nell’animo di quegli anni, per immedesimarsi in un periodo irripetibile, per perdersi negli anni del Jazz.

Nella storia di Amory in realtà di Jazz ce n’è pochino, c’è però tutto il contorno.
C’è la vita del giovane, dai primi anni al periodo degli studi a Princetown, al primo lavoro come pubblicitario.
C’è poi naturalmente la Prima Guerra Mondiale, solo accennata, come un intoppo nel quotidiano rivoluzionario di Amory.
C’è il rapporto con la madre e con la generazione precedente (compreso il forte legame con lo zio).

E naturalmente c’è soprattutto il quotidiano con i suoi coetanei.
Quello che Francis Scott Fitzgerald ci racconta è un mondo nuovo, forte, sicuro di se.
Un mondo di giovani convinti di aver già visto tutto, di essere quasi invincibili (salvo naturalmente cadere spesso in profonde crisi d’identità).
Amory e i suoi colleghi non riconoscono ciò che li ha preceduti, sono consapevoli di essere testimoni (anzi protagonisti) di un cambiamento nel modo di portare avanti la vita quotidiana.
Sono quasi dei filosofi del tempo che vivono.
Basta con la lentezza e la pacatezza vittoriana, ora è tempo di correre!
E in Al di qua del Paradiso si corre in tutti i modi.
Si corre in macchina, sfoggiando ricchezza e potenza, si corre nelle esperienze della vita, in un modo inimmaginabile fino a dieci anni prima.

E su questo punto è impossibile evitare una riflessione sulle ragazze che Amory incontra, sui suoi amori.
Sono ragazze lontane mille miglia dalle signorine dabbene di fine ottocento. Amano farsi guardare, stuzzicare i coetanei ed anche concedersi in maniere più o meno esplicite.
Fin dal primo amore giovanile ci imbattiamo in donne forti, sicure di se stesse più ancora dei colleghi maschi.
Se il grande amore Rosalind è il sogno idealizzato che non riesce a staccarsi completamente dalla tradizione, Eleonor è il vero e proprio alter ego di Amory, una maschietta ribelle e senza rimorsi.

E a proposito del romanzo sono godibilissime le pagine di riflessione di Amory, i suoi dubbi esternati con monologhi decisamente interiorizzati (più che interiori).
Fantastiche poi le pagine finali con la sorpendente considerazione sul socialismo, con un Amory che si scopre quasi comunista senza aver mai veramente analizzato la cosa fino a quel momento. Considerazioni che per un momento sembrano in contrasto con quello che è stata la sua vita ma che possono anche essere la naturale evoluzione della sua filosofia riflessiva.

Per non dilungarmi oltre (chè qui di cosa da dire ce ne sarebbero un’infinità) vi segnalo solo lo straordinario capitolo dell’incontro tra Amory e Rosalind, in cui Fitzgerald cambia improvvisamente registro e tecnica passando dal narrato in prosa ad una stesura da sceneggiatura teatrale.
Un capitolo che è una vera chicca imperdibile e si integra misteriosamente nell’insieme di un romanzo che non può mancare in una libreria minima.

p.s.
Volevo parlarvi anche un po’ del curioso personaggio F.S. Fitzgerald ma lo farò in un’altra occasione.

Trackbacks for this post

  1. Vita di un IO » Blog Archive » Maschiette e filosofi – Francis Scott Fitzgerald

Leave a Comment

Powered by WordPress | Deadline Theme : An Awesem design by Orman