The woman in black – il gran ritorno della Hammer

Vedere apparire il logo Hammer all’inizio di The Woman in Black è una bella emozione per chi come me ama le atmosfere del periodo d’oro della casa inglese, ma vedere che il film di James Watkins riesce anche a mantenere la narrazione (e le immagini) come se fossimo negli anni ’50 è davvero una figata.

Arthur Kipps è un giovane avvocato che viene mandato in un paesino sperduto per risolvere la vendita di una casa.
Solo che il suo arrivo sul posto non è proprio benvoluto.
Gli abitanti del paesino, siamo alla fine dell’800 associano la sua presenza ad alcune morti di bambini che si verificano durante il suo soggiorno.

Non aiuta certo Arthur il fatto che lui continui a vedere una signora vestita di nero ed alcuni bambini evidentemente morti da tempo.
Cosa si nasconde in quella casa?
Qual è il segreto di quel villaggio?
Il giovane Arthur centra qualcosa?

Ghost story delle più classiche e sui toni classici Hammer completamente sviluppata.
Ambienti affascinanti, immagini pulite, nebbia continua, molta luce per essere un horror… insomma siamo proprio a casa Hammer.

Tremendo l’inizio, tremendo per il terrore che sprigiona, per la simmetria delle immagini, per il contrasto tra lo splendore delle immagini ed il loro cupo significato.

Poi c’è la paura.
The woman in black riesce a sorprendere lo spettatore con i mezzi più classici del genere.
Apparizioni dietro le spalle, dietro una finestra, in uno specchio, rumori dove non dovrebbero esserci, lunghi silenzi e oggetti che si muovono quando invece dovrebbero essere fermi.
Possibile oggi saltare sulla poltrona per queste cose a cui siamo più che abituati?
Assolutamente si!

E ancora c’era in ballo l’interpretazione di Daniel Radcliffe, per la prima volta lontano da Harry Potter.
Il ragazzo se la cava discretamente.
Sarà che il suo incedere impacciato, il suo volto fisso e sbarbato si adattano perfettamente al personaggio, un giovane ed inesperto avvocato (chi ha detto Jonathan Harker?) che si trova invischiato in una vicenda soprannaturale che lo tortura nell’animo.

E Radcliffe riesce a cavarsela egregiamente, anche considerando che per buona parte del film Watkins lo lascia da solo (e spesso in silenzio) a  muoversi per gli stanzoni misteriosi e pieni di roba inquietanti della casa stregata.

Oh… se la Hammer vi ha fatto godere con i suoi film degli anni ’50 e ’60, non perdete questo film.

p.s.
Il finale è una figata.

3 Comments

  1. Evit says:

    Sono andato a vederlo approfittando della permanenza nel Regno Unito. Una boiata pazzesca. Mi ha terrorizzato si, ma erano “cheap thrills”. Mi aspettavo qualcosa di molto meglio. Non mi ha ricordato molto i film Hammer di una volta. Forse era meglio buttare i soldi in qualche altra proiezione

  2. Ops… mi spiace averti sviato con la recensione… a me (con i dovuti accorgimenti dovuti al tempo che passa) li ha ricordati parecchio…

  3. Evit says:

    C’era anche “The Raven” nello stesso cinema, chissà se sarebbe stato meglio.

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