Urban Explorer, cosa c’è sotto Berlino?

Forte, possente, ottimamente gestito, Urban Explorer riesuma le paure della Germania nazista per riproporle nei meandri più nascosti della Berlino di oggi e Andy Fetscher lo fa con professionalità ed un risultato davvero degno.

Un gruppo di ragazzi in visita a Berlino decide di affrontare un’avventura nei tunnel sotterranei della città.
La loro guida ha infatti promesso di portarli fino ad un bunker scoperto da poco e subito murato per paura di pellegrinaggi neonazisti.
Si tratta infatti di un bunker della Stasi pieno di materiale d’epoca e di misteriosi affreschi.

Il viaggio di due ore nei meandri di Berlino avrà ovviamente non poche sorprese ma mi guardo bene dal dirvi quale sarà quella principale.

Un sacco di roba interessante nel film.
Ottimo il clima, l’atmosfera di tensione che Fetscher riesce a creare per tutta la prima parte. Noi lo sappiamo che qualcosa dovrà succedere, lo capiamo, lo intuiamo, lo sentiamo… ma sembra proprio non succedere nulla.
E addirittura quando finalmente qualcosa capita…

Poi splendide le scenografie realizzate, questi lunghi cuniculi, il materiale accumulato, corridoi, un sacco di roba che crea l’ambiente perfetto.
Ed in questo inevitabile buio continuo è ottima anche la fotografia che non era certo di facile gestione.

Poi piccole soluzioni come i nomi fittizzi dei protagonisti.
Mickey e Mallory (“Loro sanno qual è la differenza tra il bene e il male, solo che non gliene importa niente” ricordate?) e la guida per gli inferi che decide di chiamarsi Dante.

La bella inquadratura del soffitto costellato di pipistrelli, inquadrati in dettagli che fanno presagire un ruolo per gli animaletti nel proseguio del film.

E ancora la seconda parte che diventa orrore vero con torture e sangue a litri, con Nathalie Kelley, Nick Eversman e compagnia bella che diventano vittime sacrificali inevitabili.

Ma ci sono ancora molte cose, come la riflessione evidente sulla difficoltà degli ex lavoratori/poliziotti di confine tra Berlino est e Berlino Ovest, un muro che non c’è più ma che ancora fa sentire fortemente la propria presenza.

Leave a Comment

Powered by WordPress | Deadline Theme : An Awesem design by Orman