Prima di Scalera di sangue, prima di Terrore ad Harlem, prima ancora di Morte al cinevillaggio, fu il tempo di Delitti a Cinecittà. Romanzo d’esordio di Umberto Lenzi riedito ultimamente nei Gialli Mondadori.
Lenzi si lancia nel giallo con tutte le scarpe dopo una vita dedicata al cinema e coglie in pieno nel segno, anche perchè dal mondo del cinema non è che si allontani parecchio.
Caratteristica infatti di Delitti a Cinecittà e dei successivi tree lavori della serie è di essere ambientati nel mondo del cinema italiano, o di quello che ne rimaneva nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale.
Con Delitti a Cinecittà facciamo la conoscenza di Bruno Astolfi, l’ex poliziotto allontanato perchè non iscritto al Partito Fascista ed ora investigatore privato, che sarà protagonista anche dei romanzi precedenti.
Siamo in una Roma che sente imminente lo scoppio della guerra ed è ormai abituata alle angherie fasciste. Manca il caffè ed un sacco di altra roba. Astolfi è in difficoltà economiche come la maggior parte della popolazione ed accetta di buon grado il lavoro che gli propone l’attrice Luisa Ferida: ha ricevuto un biglietto di minacce e qualcuno vuole ucciderla.
Così Astolfi entra a Cinecittà ed indaga sulla Ferida, sul suo fidanzato Osvaldo Valenti e su tutto un giro di personaggi che ruotano loro intorno.
La storia è un giallo vero, Lenzi è un maestro della narrazione e riempie le pagine di toni fortemente noir, a partire dalla narrazione in prima persona dell’investigatore.
Poi abbiamo l’ambientazione che ci racconta un’Italia in difficoltà ma che comunque continua a vivere, con le difficoltà del quotidiano.
E infine la vera caratteristica della quadrilogia di Lenzi (per altro come detto ottima anche per gli aspetti puramente narrativi). Vale a dire gli incontri continui, sorprendenti di Astolfi con i personaggi che hanno fatto la storia del cinema italiano e che in un modo o nell’altro finiscono per entrare nella vicenda o solo sfiorarla.
Qui incontriamo tra gli altri Cesare Zavattini, Alida Valli, Clara Calamai, Vittorio De Sica e perfino Totò, tutti con le loro caratteristiche riconoscibilissime e la loro personalità.
L’abilità di Lenzi di unire personaggi reali e di fantasia senza snnaturare le caratteristiche nè di quelli inventati da lui nè di quelli realmente esistiti è un godibile mix.