L’utilizzo del 3D ne Il delitto perfetto di Alfred Hitchcock

L’altra sera a Torino era il 1954, non mi trovavo a Torino ma probabilmente in una sala di new York e sono andato a vedere l’ultimo attesissimo film di quel regista inglese che si chiama Alfred Hitchcok. Il film si chiama Il delitto perfetto e pensate che era in 3D… cioè entri al cinema e ti danno degli occhialini neri e poi tu vedi tutto in tre dimensioni… roba da pazzi! Il film di Hitchcock (secondo me questo tipo curioso – pensate che ad un certo punto compare anche lui in una foto che viene mostrata durante il film – avrà un futuro!) è uscito in 3D solo in America, quindi siamo tra i pochi fortunati ad averlo visto in tutto il suo splendore.

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Esco dalla finzione e vi racconto come Hitchcok aveva immaginato dovesse essere l’utilizzo del 3D negli anni ’50.

L’occasione (il film è restaurato dalla Cineteca di Bologna) era imperdibile per un paio di motivi. Intanto perchè in Italia è la prima volta che passa in questa versione, che è quella originale. Poi perchè è l’unico film di Hitchcock girato in 3D. Infine perchè una volta Dario Argento mi disse che aveva deciso di girare Dracula in 3D dopo aver visto proprio Il delitto perfetto in versione stereoscopica… e che gli era sembrato straordinario.

Il buon Dario non sbagliava di certo!
Della trama naturalmente non vi dico nulla, la conoscete a memoria. Veniamo invece all’utilizzo del 3D da parte di sir Alfred.

Incredibilmente naturale, anche abbastanza rotondo (non quanto Avatar ma meglio di molte altre cose viste dopo). Niente roba che arriva in sala, niente coltelli che volano in mezzo alle poltrone.

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Ricordate che il film è pieno di inquadrature con lampade in primo piano e la scena che si svolge alle spalle? Oppure col tavolo delle bottiglie in primo piano e gli attori che si muovono su un piano differente?
Ecco, ora provate ad immaginare la stessa cosa ma in 3D! Vi assicuro che l’effetto è affascinante.

Ed il gioco di Hitchcock è proprio questo. Riempire la scena di elementi imponenti, creare una scenografia che prende parte alla vicenda, movimentare la scena, che come ricorderete consiste in un unico ambiente e così diventa molto più varia.
Un uso quindi del 3D assolutamente dedicato al film, alla narrazione.

Poi ci sono alcuni momenti più spettacolari. Un paio in particolare.
Il telefono nero compare due volte in primo piano con una certa profondità stereoscopica, cosa comprensibile se consideriamo che il titolo originale del film è Dial M for Murder.

Mentre l’unico momento di tutto il film in cui il 3D è usato in maniera da colpire al cuore, da stordire lo spettatore, da mollare uno schiaffone a chi siede in sala è una mano che allunga verso le poltrone una chiave.
E ricorderete che quella chiave è proprio il fulcro su cui gira tutta la vicenda.

Insomma la perfezione nell’utilizzao di una tecnica completamente al servizio del film e perfettamente guidata dalle mani sapienti di un regista che ora ho la certezza era un maestro anche nell’uso del 3D.

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