TFF30 – Maniac, l’assassino siamo noi

Impossibile parlare di Maniac senza partire dall’idea di Franck Khalfoun di realizzare l’intero film in soggettiva.
L’obiettivo è quello di raccontarci la storia dal punto di vista dell’assassino e la cosa funziona abbastanza, ci fa sentire il suo respiro, ci fa vedere quello che vede lui.
Sinceramente però sarebbe bastata una lunga introduzione oppure alcuni momenti specifici, il film intero diventa un po’ troppo, decisamente un po’ troppo.

Anche perchè la decisione si porta dietro due conseguenze non da poco.
Vediamo Elijah Wood si e non una decina di volte durante tutto Maniac, cioè quando il personaggio passa davanti ad uno specchio (passa un sacco di volte davanti ad uno specchio!) oppure in un paio di momenti clou in cui si estranea dal corpo.
Inoltre Khalfoun ci propina il giochino però poi non è per nulla rigoroso, i movimenti non sono sempre corretti rispetto alla testa di un uomo e (ovviamente) non tutto quadra dal punto di vista tecnico (altrimenti verrebbe fuori una palla visiva inenarrabile).

Detto questo, il film è molto buono, il viaggio nella mente folle del protagonista è ottimo, lo compiamo completamente con lui, lo approfondiamo rivedendo alcuni momenti della sua fanciullezza che lo hanno portato a perdere il controllo e a perdere la razionalità.

L’uomo restaura manichini e si diverte (non è che si diverta proprio, a dir la verità) a prendere lo scalpo di donne giovani e carine per poi regalare copricapi irsuti alle sue creazioni, che la sua mente distrota scambia con donne reali.

Ottimo il passaggio de Il gabinetto del dottor Caligari durante il film e splendido il finale che ci regala un raro momento di splatter psicologico.

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